Con questa crisi si son persi molti posti di lavoro e i disoccupati oltre ad avere l' acqua alla gola sono spesso depressi e iper nervosi. Tutto ciò ha un costo sociale per lo Stato e gli Enti Locali: facciamolo ripagare a chi lo ha causato.
Propongo l' introduzione di una tassa sui licenziamenti a carico delle imprese che riducono il personale per delocalizzare all' estero o "semplicemente per adeguarsi al mercato".
La tassa, per ogni dipendente licenziato, sarebbe pari al 10% della somma di contributi Inps e Inail (sia la quota lavoratore che impresa) e dell' Irpef versata per il dipendente in un anno di lavoro.
La regola varrebbe anche i contratti a termine e/o di collaborazione non rinnovati.
In pratica per esempio per licenziare un operaio inquadrato al 3° livello CCNL si dovranno pagare circa €900, licenziarne 500 come alla Fiat di Pomigliano €450000.
Saranno esentate solo le imprese sottoposte a procedura fallimentare e i licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo non contestati dal lavoratore e quindi che non siano oggetto di una causa di lavoro, in tal caso la tassa è sospesa fino al pronunciamento del tribunale e all' atto sentenza avversa al datore, integrata con gli interessi di mora previsti dalla legge.
Sono altresi esentati i prepensionamenti mentre la tassa è dimezzata sui lavoratori collocati in mobilità se vengono riassorbiti dall' impresa stessa entro 1 anno.
Tali somme saranno devolute alla Sanità per il 40%, agli ammortizzatori sociali per il 40% e per il restante 20% ad altre voci di welfare stabilite di anno in anno mediante Legge Finanziaria in base alle esigenze del momento.
Questa proposta ha come finalità anche l' intento di disincentivare la riduzione del personale in caso di crisi e imporre un maggior rispetto dell' articolo 18 legge 300/1970 Statuto dei Lavoratori.
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